Rapide Review 1

Inauguro una categoria “senza categoria” in cui poter brevemente descrivere alcuni titoli visti ultimamente e che non necessitano, per me, che di poche righe.

Finché morte non ci separi
Regista: Matt Bettinelli-OlpinTyler Gillett
Genere:CommediaHorrorThriller
Anno:2019
Paese: USA
Durata: 95 min
Data di uscita: 24 ottobre 2019
Distribuzione: 20th Century Fox

Se amate l’horror leggero che sappia darvi qualche sprazzo di splatter e di commedia questo film è quello che fa per voi.
L’ho trovato abbastanza deludente e scontato nei dialoghi iniziali… già ero preoccupata. Tralasciati i primi venti minuti di “spiegone” di trama, il film comincia ad avere un suo ritmo intrigante. Personalmente adoro lo humor nero, e qui se ne fa buon uso. Gli attori sono convincenti, la storia semplice e brillante come idea di base. Alcune cose sono prevedibili, ma sembrano fatte per esserlo, altre proprio no. Il finale potrebbe sorprendervi. Un buon film da consigliare per una serata in cui non si sa cosa guardare, o semplicemente si vuol vedere qualcosa di carino.

APOSTOLO
Regista:Gareth Evans
Genere:Thriller
Anno:2018
Paese: USA, Gran Bretagna
Durata: 129 min
Distribuzione: Netflix

Parte bene, come ambientazione, personaggi e trama. Un po’ scontato in alcune dinamiche sociali ma ci poteva stare in questo thriller ambientato nel 1905. Qualche domanda comincia a nascere, qualche perché che ti tiene attaccato allo schermo. Poi tutto rallenta, anche troppo, finché si crea un vorticoso caos di eventi dietro a cui non sono riuscita a stare. “Troppa trama” è la sua croce, tant’è che dico: può andare bene ma non possiamo finirla in questa maniera. Un po’ deludente, potevano osare meno in certe dinamiche perché i presupposti iniziali erano ottimi. Un film per chi ama le trame fitte e non stacca mai mai gli occhi dallo schermo. Se vi perdete un fotogramma è la fine.

MUTE
Regista:Duncan Jones
Genere:FantascienzaThriller
Anno:2018
Paese: USA
Distribuzione: Netflix

Che delusione. Davvero, cerco di trovare sempre il lato positivo di qualcosa, ma qui ce ne sono ben pochi. In un futuro prossimo, un ragazzo muto si trova a dover cercare la fidanzata scomparsa. La trama è letteralmente un caos di nomi e relazioni cui non son riuscita a stare dietro. L’ambientazione cozza costantemente con la vita del ragazzo che è pure Amish (e se la vive benissimo come barman in una città futuristica estrema) cosa che non sembra comunque fondamentale per la trama, quindi perché farlo? Qui anche se ti vedi tutto il film devi fermarti a prendere appunti per capire. Corre troppo veloce, troppa gente, troppo tutto. Un film pieno che sembra schiacciare il protagonista che diventa quasi parte integrante dell’arredamento. Per il resto se volete potete consigliarlo al vostro peggior nemico.

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Originali Netflix – Nell’Erba Alta

Apro una nuova categoria che avevo in mente da tempo, ossia quella esclusiva della produzione Netflix. Dato che ovviamente sono un’abbonata, ho pensato fosse giusto cercare di dare spazio anche a quel tipo di homecinema che non passa, o passa per pochissimo tempo, attraverso il grande schermo.

Se volete passare un’oretta e mezza di confusione e sbigottimento questo è il film che fa per voi.
Basato sul racconto di Stephen King e del figlio Joe Hill, Nell’erba alta è un film che si muove a tratti come il più classico degli horror con quel tocco di paranormale e di thriller tipici della scrittura di King, ma che a parer mio pecca nell’approfondimento dei personaggi.

NELL’ERBA ALTA – TRAMA
La storia parla di due fratelli, Becky (Laysla De Oliveira) e Cal (Avery Whitted), in viaggio verso la casa degli zii. In una sosta d’emergenza (la ragazza è incinta) sentono un bambino, Tobin (Will Buie Jr), chiedere aiuto da un campo di erba alta a bordo strada, ed entrano per aiutarlo ad uscirne. Da qui ovviamente parte tutta la trama del film vero e proprio, snodandosi tra cunicoli verdi in un terreno che sembra infinito e che farà perdere la via del ritorno anche ai due ragazzi.

HAI UNA STORIA?
Quello che un po’ mi ha infastidita di questo film è che tutti i personaggi sono a malapena abbozzati. Non c’è una chiara definizione delle loro vite, eccezion fatta per le ovvietà che si riducono massivamente ai legami di parentela tra i protagonisti. Nell’erba alta potrebbe cambiare tutti i personaggi, poteva essere girato usando tutt’altro tipo di caratterizzazione perché questo non sembra in fin dei conti utile alla trama. Il vero protagonista di tutta la storia è questo enorme campo d’erba di cui, fino alla fine, capiremo comunque sempre molto poco ma per il paranormale e l’horror come genere puro può anche andare bene, a patto che vengano stabilite di base le regole generali a cui risponde questa parte di sovrannaturale. Le regole, di fatti, sono chiare: il campo cambia, ti fa perdere lui stesso volontariamente, parla, ha una sua volontà.

UNA FOTOGRAFIA GREEN
Un grosso applauso vorrei farlo al direttore della fotografia che se non è diventato pazzo con questo film è solo un miracolo. Le scene girate sono pazzesche e l’evidente difficoltà di muoversi per il 90% del tempo in un campo fatto solo da lunghi steli di erba o mais che sia (non sono brava in botanica) è un punto a favore. Del resto personalmente ho sempre amato quei film dove ci sono pochi spazi, magari difficoltosi a livello cinematografico, ma che nel loro minimalismo riescono a non distogliere l’attenzione dalla storia (per esempio In linea con l’assassino). In questo caso gli spazi sono sia il luogo dove avviene la storia che uno dei personaggi e questo è reso davvero bene. Ci sono state un paio di scene che mi hanno fatto pesantemente percepire la vitalità del campo, anche grazie all’uso delle musiche e degli effetti sonori.

HORROR VECCHIO STILE
Per le tematiche horror e paranormale, ho apprezzato davvero tanto la scelta generale di trama. Io che ho letto qualche racconto di Lovecraft e faccio giochi di ruolo ispirati a tali racconti, ho piacevolmente goduto di alcune scelte che però sono meno condivisibili ai più. Senza andare a fondo nella trama, sto parlando di quel tipo di racconto quasi ancestrale che non va a spiegarti davvero a fondo i perché di quello che avviene, ma ti dice che i protagonisti stanno assistendo a qualcosa di così antico, così inspiegabile che è necessario viverlo per poterne cavare un ragno dal buco. Mi è piaciuto molto il finale, che resta in questa filosofia di fondo dell’horror come era inteso cento anni fa.

RIASSUMENDO
Lo consiglio agli amanti del genere horror puro, ma non aspettatevi un’immedesimazione nei personaggi perché resterete delusi.