Originali Netflix – Nell’Erba Alta

Apro una nuova categoria che avevo in mente da tempo, ossia quella esclusiva della produzione Netflix. Dato che ovviamente sono un’abbonata, ho pensato fosse giusto cercare di dare spazio anche a quel tipo di homecinema che non passa, o passa per pochissimo tempo, attraverso il grande schermo.

Se volete passare un’oretta e mezza di confusione e sbigottimento questo è il film che fa per voi.
Basato sul racconto di Stephen King e del figlio Joe Hill, Nell’erba alta è un film che si muove a tratti come il più classico degli horror con quel tocco di paranormale e di thriller tipici della scrittura di King, ma che a parer mio pecca nell’approfondimento dei personaggi.

NELL’ERBA ALTA – TRAMA
La storia parla di due fratelli, Becky (Laysla De Oliveira) e Cal (Avery Whitted), in viaggio verso la casa degli zii. In una sosta d’emergenza (la ragazza è incinta) sentono un bambino, Tobin (Will Buie Jr), chiedere aiuto da un campo di erba alta a bordo strada, ed entrano per aiutarlo ad uscirne. Da qui ovviamente parte tutta la trama del film vero e proprio, snodandosi tra cunicoli verdi in un terreno che sembra infinito e che farà perdere la via del ritorno anche ai due ragazzi.

HAI UNA STORIA?
Quello che un po’ mi ha infastidita di questo film è che tutti i personaggi sono a malapena abbozzati. Non c’è una chiara definizione delle loro vite, eccezion fatta per le ovvietà che si riducono massivamente ai legami di parentela tra i protagonisti. Nell’erba alta potrebbe cambiare tutti i personaggi, poteva essere girato usando tutt’altro tipo di caratterizzazione perché questo non sembra in fin dei conti utile alla trama. Il vero protagonista di tutta la storia è questo enorme campo d’erba di cui, fino alla fine, capiremo comunque sempre molto poco ma per il paranormale e l’horror come genere puro può anche andare bene, a patto che vengano stabilite di base le regole generali a cui risponde questa parte di sovrannaturale. Le regole, di fatti, sono chiare: il campo cambia, ti fa perdere lui stesso volontariamente, parla, ha una sua volontà.

UNA FOTOGRAFIA GREEN
Un grosso applauso vorrei farlo al direttore della fotografia che se non è diventato pazzo con questo film è solo un miracolo. Le scene girate sono pazzesche e l’evidente difficoltà di muoversi per il 90% del tempo in un campo fatto solo da lunghi steli di erba o mais che sia (non sono brava in botanica) è un punto a favore. Del resto personalmente ho sempre amato quei film dove ci sono pochi spazi, magari difficoltosi a livello cinematografico, ma che nel loro minimalismo riescono a non distogliere l’attenzione dalla storia (per esempio In linea con l’assassino). In questo caso gli spazi sono sia il luogo dove avviene la storia che uno dei personaggi e questo è reso davvero bene. Ci sono state un paio di scene che mi hanno fatto pesantemente percepire la vitalità del campo, anche grazie all’uso delle musiche e degli effetti sonori.

HORROR VECCHIO STILE
Per le tematiche horror e paranormale, ho apprezzato davvero tanto la scelta generale di trama. Io che ho letto qualche racconto di Lovecraft e faccio giochi di ruolo ispirati a tali racconti, ho piacevolmente goduto di alcune scelte che però sono meno condivisibili ai più. Senza andare a fondo nella trama, sto parlando di quel tipo di racconto quasi ancestrale che non va a spiegarti davvero a fondo i perché di quello che avviene, ma ti dice che i protagonisti stanno assistendo a qualcosa di così antico, così inspiegabile che è necessario viverlo per poterne cavare un ragno dal buco. Mi è piaciuto molto il finale, che resta in questa filosofia di fondo dell’horror come era inteso cento anni fa.

RIASSUMENDO
Lo consiglio agli amanti del genere horror puro, ma non aspettatevi un’immedesimazione nei personaggi perché resterete delusi.

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